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Finché c’è rischio di pandemia, c’è speranza...


Nel Regno Unito circa un adulto su dieci di età superiore ai quarant’anni soffre di diabete di tipo 2 che è fortemente associato all’obesità e, con le sue complicanze, tra cui l’insufficienza renale, la perdita della vista e l’amputazione degli arti inferiori, costa al sistema sanitario nazionale inglese, 6 miliardi di sterline ogni anno. Si tratta di numeri che dovrebbero spaventare, ma a quanto pare in epoca pre-Covid, nessuno era abbastanza sensibile all’argomento per decidere di adottare delle politiche economiche, sociali e sanitarie per contrastare questo fenomeno. Insomma la risposta nei fatti era: “Ecchissene frega!”

Se non rischiassi di essere fraintesa come Bocelli (lui così dice), che a quanto pare dovrebbe limitarsi ad aprire bocca per cantare, quello gli viene bene, allora potrei dire che ci voleva una bella pandemia per interrompere quell’inerzia che ci porta solo a lamentarci a parole per poi continuare a fare quello che si è sempre fatto: niente.

Così, anche il premier britannico Borirs Johnson si è stancato di attendere i benefici dell’immunità di gregge e ha lanciato un piano contro l’obesità. L’intuizione gli è giunta dopo una recente pubblicazione di un rapporto del Public Health England, il sistema sanitario inglese, che sottolinea quanto notevolmente, sovrappeso e obesità, aumentino il rischio di ricovero e morte per coronavirus.  I dati, infatti, mostrano che quasi l'8% dei pazienti in condizioni critiche nelle unità di terapia intensiva soffrono di obesità.

Qual’è la Better Health Strategy, la strategia per una migliore salute, che sta cercando di promuovere? Aiutare le persone a ridurre il loro peso. Così Downing Street pubblica video su Twitter di Johnson che porta a spasso il cane e parla della sua battaglia contro il sovrappeso… del resto, appena uscito dall’ospedale per via del Covid, ancora in quello stato di ebrezza che ti dà una super ossigenazione e l’euforia di chi ha vintro contro la morte, Boris aveva dichiarato che avrebbe messo a dieta tutti gli inglesi.

Ma ecco in cosa consiste il piano del governo inglese:  sono vietate nei supermercati le offerte “prendi due paghi uno” sui cibi non salutari, gli annunci pubblicitari in tv del cibo-spazzatura sono ammessi solo dopo le 21 perché non influenzino i più giovani. L'eliminazione degli scaffali vicini alle casse dei supermercati con dolciumi e junk food e l'obbligo di segnalare le calorie nei menu di ristoranti, caffè e take away con oltre 250 dipendenti. Anche le bevande alcoliche presto dovranno dichiarare il loro contenuto calorico. Mentre i negozianti saranno incoraggiati a promuovere scelte più sane e a offrire maggiori sconti su frutta e verdura.

Personalmente trovo positive queste iniziative per ragioni che si focalizzano su due punti chiave alla base di un buon programma di perdita e controllo del peso:

  1. Controllo delle calorie in ingresso e in uscita.

  2. Riduzione degli stimoli visivi e conseguente interruzione di gesti automatici verso il cibo.

Negli ultimi anni si è assistito a un proliferarsi di diete fantasiose che pretendono di far perdere peso solo saltando i pasti, eliminando alcune categorie di alimenti o assumendone solo alcuni, magari in formato di beverone miracoloso. Ma la verità è che se non si crea un bilancio energetico negativo, ovvero ciò che si mangia è caloricamente inferiore a ciò che si consuma, non è possibile perdere peso. Una contezza delle calorie, metodo adottato da una buona strategia di perdita di peso, usato anche nella CBT-OB (tradotto Terapia Cognitivo Comportamentale per Obesità) è l’unica strada per avere consapevolezza e gestire la dieta in modo flessibile e sostenibile nel tempo. Mettere in evidenza le calorie sulle confezioni del cibo e anche sui pasti al ristorante ( anche quelli al di sotto dei 250 dipendenti) potrebbe facilitare le cose.

Per quanto riguarda gli stimoli visivi di cibi non salutari, abbiamo evidenza di quanto inducano scelte sbagliate e soprattutto portino a favorire gesti automatici in persone che hanno comportamenti disfuzionali nella alimentazione. Anche questi comportamenti sono stati studiati approfonditamente nelle persone che hanno la tendenza a soffrire di obesità e certamente rendere meno disponibili tali cibi gioverebbe a queste persone.

E dopo l’emergenza Covid su cosa si dovrà far leva per continuare sulla strada della salute con l’adozione di sani stili di vita?

Rimanendo all’esempio inglese, le linee guida NICE (National Institute Clinical Eccellence) (NICE NG28, aggiornata al 2019) stabiliscono che le persone con diagnosi di diabete di tipo 2 dovrebbero ricevere una consulenza dietetica personalizzata per la gestione del diabete che dovrebbe essere integrata con altri cambiamenti nello stile di vita, come la perdita di peso e l’aumento dello stile di vita attivo.

Le linee guida raccomandano un obiettivo di perdita iniziale di peso tra il 5% e il 10% per gli adulti in sovrappeso con diagnosi di diabete tipo 2 e specificano che i benefici per il diabete possono verificarsi anche a gradi inferiori di perdita di peso, ma che un maggiore grado di perdita di peso ha un impatto metabolico ben più vantaggioso a lungo termine.

Queste sono tra le conclusioni giunte da l’ennesimo studio che si contraddistingue per l’ampiezza del campione preso in esame: uno studio di coorte prospettico su 867 persone, tra i 40 e i 69 anni con diabete 2 appena diagnosticato. (Cock, R., Davidson, P.,.Martin, R. (2020). Losing weight following diagnosis of type 2 diabetes boosts chance of remission. BMJ; 368:l6775 doi: 10.1136/bmj.l6775)

Sono stati identificati coloro che avevano raggiunto la remissione del diabete durante 5 anni (tra il 2002 e il 2006) di follow-up .

Sono stati valutati al basale e a 1 anno, il peso, l’attività fisica, la dieta e il consumo di alcool dei partecipanti. A 5 anni di follow-up, sono stati valutati il peso e l’emoglobina glicata (HbA1c) di 730 persone (84%). I partecipanti erano prevalentemente bianchi.

La remissione del diabete, definita come un livello di HbA1c inferiore a 48 mmol/mol (6,5%) in assenza di farmaci antidiabetici o chirurgia bariatrica, è stata raggiunta in 257 partecipanti (30%) a 5 anni di follow-up.

Le persone che hanno perso almeno il 10% del loro peso corporeo nel primo anno dopo la diagnosi di diabete avevano maggiori probabilità di ottenere una guarigione a cinque anni rispetto a quelli con peso stabile o in aumento.

Nei successivi quattro anni (cioè tra la fine del primo anno e la fine dello studio quinquennale), una perdita di peso di almeno il 10% era associata a più del doppio della possibilità di remissione del diabete al follow-up a 5 anni. In questo periodo una perdita di peso dal 5% al 10% era associata ad una maggiore probabilità di remissione del diabete.

L’ampiezza dello studio permette di considerare generalizzabili i risultati a tutta la popolazione del Regno Unito e non solo, che soffre di diabete, e dà molta speranza.

Insomma, se non avete cani da portare a passeggio, e avete un serio problema di obesità o diabete di secondo tipo, non attendete che anche il governo italiano faccia sparire dagli scaffali accanto alle casse il junk food, o vi metta calorie ovunque. Non sottovalutate il problema in assenza di pandemia. Ma soprattutto, non affidate la vostra salute al primo cialtrone che promette miracolosi cali ponderali senza fatica. La questione è seria… seria come il Covid.

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